
E’ del tutto evidente quanto la vita attuale sia straordinariamente complessa, specie se confrontata con quella dei nostri nonni od ancora di più dei nostri bisnonni.
Personalmente, rimpiango la vita lenta e tranquilla di quando ero bambino, una quarantina di anni fa.
E’ vero che ero bambino e magari mi sembrava ancora più lenta di quanto non fosse realmente, ma ricordo con chiarezza che c’erano meno macchine, si andava più piano, si facevano magari meno cose e più semplici, diciamo che spesso era più che sufficiente stare in compagnia, non si chiedeva poi tantissimo alla vita. La serenità era più facile da ottenere od almeno io ne avevo la sensazione.
Indice
Il tutto comincia alcuni anni fa.
Era diverso tempo che riflettevo sulla mia sostanziale e misteriosa infelicità e sebbene avessi tutto quello che volevo, mi rendevo conto che la vita per come si svolgeva non mi piaceva. E le cose tendevano a peggiorare. Era tutto troppo veloce. Tutto troppo complicato.
Alla fine della giornata mi domandavo cosa avessi fatto di importante e mi rendevo conto che avevo passato tutto il mio tempo a risolvere problemi su problemi, il tutto di corsa da un ufficio ad un altro, da un problema ad un altro.
La definizione giusta di che davo di me stesso era: Automa Alienato.
Non so se vi siete mai fermati facendo la mia stessa riflessione.
Penso che moltissimi l’avranno fatto, magari imprecando senza trovare una soluzione.
A quel punto ho cominciato a passare le mie serate a vagabondare su internet leggendo un pò di tutto e ricercando qualche forma di filosofia che potesse indicarmi come vivere di lì in avanti.
Il primo passo
Tutto il mio percorso ha avuto un prima ed un dopo, partendo da un momento ben specifico della mia vita. Circa una decina di anni fa, quindi non tantissimo tempo fa, proprio in una tarda sera in cui girovagavo su internet ed essendo appassionato di Bruce Lee mi misi a leggere della sua vita, estremamente misteriosa ed affascinante ed appresi che il filosofo preferito dallo stesso Lee si chiamava jiddu Krishnamurti
Mi interessò fin da subito ciò che diceva e decisi senza indugio di comprare un suo primo libro, il primo di una interminabile serie di libri del filosofo che comprai (li ho, credo, tutti), il cui titolo era: “Liberarsi dai condizionamenti”.
Fu una folgorazione. Rimasi per mesi, forse per un anno totalmente coinvolto dal pensiero raccontato dai suoi libri, si trattava, in pratica per me, di una scoperta talmente grande che mi interessava solo quello.
Appena potevo, anche in ufficio, prendevo fuori questi libri (bellissimi quelli azzurrini della Ubaldini Editore) e mi mettevo a leggerli, a leggerli ed a rileggerli, li ho letti nella vasca, li ho letti dappertutto, anche quando accompagnavo mio papà in ospedale a fare le visite, e mentre lo attendevo leggevo e leggevo e leggevo, mi ricordo le tante persone che mi guardavano straniti che probabilmente pensavano: “ma cosa avrà da leggere quello lì?”; ma non mi interessava, io leggevo.
Da questo primo libro la mia vita è cambiata, in parte subito e di molto, per altri aspetti più lentamente, perché il condizionamento ti pone in determinate condizioni, ed a volte (quasi sempre) non puoi uscirne subito.
Questo e gli altri libri che ho letto mi hanno fatto capire delle cose che probabilmente avevo già dentro di me, ed infatti mentre leggevo mi sembrava di conoscere già quei concetti ma di averli solo dimenticati.
Il primo concetto che appresi e che è strettamente collegato alla velocità della vita e quindi anche alla sua semplicità è quanto siamo incredibilmente condizionati da tutto e da tutti e quanto non ce ne rendiamo minimamente conto.
Difatti, siamo condizionati dalla televisione, siamo condizionati dai giornali, siamo condizionati dai genitori e dalle persone che ci circondano, dalle persone che incontriamo e da quelle che frequentiamo, tutti ci condizionano, anche la nostra stessa genetica che in parte ci ha trasferito il modo di pensare di essere ancestrale dei nonni e dei bisnonni.
La religione ci condiziona, la società, per non parlare della scuola, tutto ci condiziona.
Non siamo noi, siamo ciò che risulta dal condizionamento subito incessantemente da quando siamo nati.
Rendersi conto del Condizionamento
Rendersene conto è come rinascere
Si tratta di un vero e proprio risveglio, per paragone, per il buddismo potrebbe essere una sorta di nuova consapevolezza, una piccola illuminazione.
Il condizionamento è nella società, è nella chiesa e ci plasma a suo piacimento dettandoci come dobbiamo lavorare, come dobbiamo comportarci, come dobbiamo parlare
Tutto, ma proprio tutto ciò che ci condiziona, e qui si trova già il primo piccolo segreto, ci porta poi, inevitabilmente, a complicare la nostra vita rendendola non semplice e piena di impegni in eccesso, rendendola inoltre vorticosamente veloce.
Ci ritroviamo, quasi senza rendercene conto, intrappolati da una serie di bisogni e di necessità che si sono creati artificiosamente e che sono in buona parte totalmente non neccessari, anzi dannosi.
Quando ci ritroviamo in questa condizione veniamo governati dalla mente. La mente che con il pensiero incessante deve risolvere ogni problema. Ed il pensiero incessante non si ferma più, non ci lascia in pace neanche prima di addormentarci, ci tormenta.
Il cuore smette, per dire di pensare, perchè siamo troppo condizionati e ci dimentichiamo di quello che conta davvero, non abbiamo letteralmente più il tempo per la nostra semplicità, per la semplicità delle cose che amiamo davvero.
Ma cos’è allora il condizionamento?
Il condizionamento è ciò che ci impedisce di pensare con la nostra testa, che ci ottenebra e ci limita, nelle nostre scelte e nelle nostre valutazioni.
E’ ciò che ci spinge, in fondo, a fare ciò che fanno gli altri, ritenendolo giusto ma solo perché lo fa la maggioranza, non perché riflettiamo seriamente e consideriamo se sia giusto per noi od in assoluto.
E’ terribile, gli effetti sono devastanti, e soprattutto come ho detto prima, non ce ne rendiamo conto.
Proprio per questo, una delle cose fondamentali della vita è rallentare, ed in certi momenti fermarsi (ove possibile).
Se ti fermi puoi davvero iniziare ad analizzare come vivi, cosa stai davvero facendo, dove stai davvero andando e, soprattutto, se stai andando nella direzione giusta per te, dove ami te stesso e la tua vita.
Se ti fermi davvero poco più di un istante, ti renderai conto di quanto le tue azioni siano automatiche ed ancora più in profondità, di quanto i tuoi pensieri siano automatici, abbiano una patina che ci impedisce di vedere con i nostri occhi, di valutare con il nostro cervello e soprattutto con il nostro cuore.
Questo è l’effetto del condizionamento.
Non sei più tu a decidere ed a valutare, perché hai un velo steso davanti agli occhi, un velo che da bambino non avevi, ma che poi, giorno dopo giorno, la società, la scuola, la famiglia, ti hanno appiccicato addosso.
Jiddu Krishnamurti dice: “Se vogliamo scoprire ciò che è vero, dobbiamo essere completamente liberi da tutte le religioni, da tutti i condizionamenti, da tutti i dogmi, da tutte le credenze e da qualunque autorità che spinga a uniformarci; essenzialmente essere completamente soli, e questo è molto difficile.“
Il nostro condizionamento inizia da piccoli, dalla scuola, dall’educazione solo tecnica, dalla distruzione della nostra libertà creativa.
Non so dire se sia un progetto ben definito oppure di fatto siamo noi (umanità) che ci costruiamo la “gabbia” da soli perché non ci amiamo abbastanza, ma di fatto, piano piano, giorno dopo giorno, la nostra spontaneità viene cancellata, così come il nostro stupore per la vita.
Quando siamo bambini siamo noi stessi. Ogni cosa ci affascina, è nuova, è naturale, ma oltre a questo c’è di più, dentro di noi c’è già la gemma di ciò che amiamo fare, abbiamo già le idee chiare per come essere felici in futuro e siamo già felici nel presente.
Riconoscere il condizionamento
Una cosa è certa, se riconosci di essere condizionato è già un punto di partenza importante.
Io, personalmente, non ci credevo.
Ma poi mi sono detto, proviamo a vedere se è così oppure no.
Beh il risultato è stato impressionante.
Il condizionamento operava ad ogni livello.
Il mio modo di pensare era una somma di preconcetti dati dall’esperienza e dalla educazione.